LA PLASTICA E’ RICICLABILE? CERTO! MA QUANTO E’ VERA QUESTA AFFERMAZIONE?
- Francesca Rocchetti
- 14 dic 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 24 gen 2024
DELLE CENTINAIA DI MILIONI DI TONNELLATE DI MATERIALI IN PLASTICA PRODOTTI OGNI ANNO, LA MAGGIOR PARTE VIENE INCENERITA, BRUCIATA A CIELO APERTO, ABBANDONATA IN DISCARICA O, ANCORA PEGGIO, NELL'AMBIENTE.

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP), attualmente si producono circa 430 milioni di tonnellate di plastica all'anno, una quantità significativamente superiore al peso di tutti gli esseri umani messi insieme. Un terzo di questo totale è costituito da plastica monouso, con cui l'uomo interagisce per pochi secondi o minuti prima di gettarla (MilanoFinanza).
Ormai è cosa nota, non dobbiamo ribadirlo: i consumatori guardano alla sostenibilità del prodotto e questa inizia e finisce con il suo imballaggio. Niente di nuovo, quindi.
MA
Se è un dato di fatto che ci si orienti su prodotti il più possibile sostenibili (e ormai ci sembra il minimo), quale materiale è veramente riciclabile?
LA CARTA? Sì, certo, è la più semplice da riciclare.
LA PLASTICA? Sì, certo, ma non è così facile da riciclare.
PERCHE’? E soprattutto, ci sono soluzioni a questo problema? (sì, non vi preoccupate)
La riciclabilità è quindi uno degli elementi da considerare in fase di progettazione del packaging se si vuole garantire una sua corretta gestione del fine vita.
Si stima che le fasi di progettazione possano incidere su circa l’80% degli impatti connessi al packaging ed è dunque importante mantenere sempre alta l’attenzione e promuovere la conoscenza sulle questioni relative alla sostenibilità e responsabilità degli imballaggi in capo a chi li progetta e utilizza*.
(*Conai, linee guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi in plastica)
In linea di principio, tutti gli imballaggi in plastica sarebbero riciclabili, ma non è sempre così.
I risultati del riciclo della plastica sono miseri soprattutto se messi a confronto con altri materiali: sia i principali metalli industriali (ferro, alluminio, rame) sia la carta hanno tassi di riciclo che superano il 50 per cento.
Secondo uno studio dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, soltanto il 30 per cento della plastica raccolta in Italia è riciclata.
Un altro 40 per cento viene bruciato in termovalorizzatori o inceneritori, e il resto finisce in discarica. Si ricicla così poca plastica principalmente perché il metodo di riciclo più diffuso, il riciclo meccanico, è complicato, oneroso e non funziona bene per tutti i tipi di materiale.

Questo non significa che sia il caso di gettare tutta la plastica nella raccolta indifferenziata o di smantellare le filiere del riciclo. Una parte della plastica è comunque riciclata, e gli effetti positivi per l’ambiente e per l’economia sono tangibili*. (*IlPost, 2020)
Separare la plastica dagli altri rifiuti non dovrebbe illuderci di aver contribuito a salvare il pianeta
Riassumiamo le variabili da tenere in considerazione (e vediamo le possibili soluzioni)
1. TECNOLOGIA DI RICICLO E DIFFICOLTA’ DI SEPARAZIONE DEI MATERIALI
Certi materiali sono più facili di altri da selezionare.
Per esempio il polietilene tereftalato – cioè il PET, la plastica di cui sono fatte le bottiglie d’acqua minerale – è uno dei polimeri con tasso di riciclo maggiore perché è facile da separare e da processare.
I processi di separazione più raffinati richiedono anche l’intervento manuale di persone che, dopo la prima scrematura fatta dai macchinari, dividono le bottiglie di latte dai vasetti dello yogurt e da altri rifiuti. Ma alla fine rimane quasi impossibile fare una separazione perfetta, e il recupero non è mai totale.
La carta e il vetro riciclati, se sono riciclati per bene, sono quasi indistinguibili da quelli vergini: un quaderno può essere riciclato in un nuovo quaderno.
Al contrario un fustino del detersivo non è praticamente mai riciclato in un altro fustino del detersivo. In inglese si dice che la plastica non è “recycled”, ma “downcycled”, perché il risultato del processo è quasi sempre qualcosa di meno pregiato e meno valido dal punto di vista commerciale.

Il recupero meccanico della plastica non produce mai un polimero puro, ma un mix di polimeri che crea materiali meno pregiati, o per caratteristiche funzionali (è meno flessibile, meno resistente al calore) o per caratteristiche estetiche (è meno lucido, più difficile da levigare). Il secondo fattore che crea la degradazione riguarda il processo stesso di riciclo, che in alcuni casi sminuzza e in altri scalda i polimeri.
In questo caso si parla di degradazione termomeccanica. Inoltre anche i polimeri più puri e meglio lavorabili non sono riciclabili quanto si vuole e alla meglio hanno pochi cicli di vita (spesso due soltanto) prima di dover essere buttati definitivamente. Un altro dei problemi della plastica, infatti, è che non si può riciclare all’infinito*.(*IlPost, 2020)
Inoltre, la plastica riciclata non può essere utilizzata per uso alimentare, perché potrebbe essere stata contaminata da sostanze tossiche mentre si trovava nei bidoni con altri tipi di plastica.
Ogni volta che si applica calore per ridare forma alla plastica, anche quella termoplastica, si degrada leggermente, diminuendo di volta in volta di qualità (InNaturale, 2019).
POSSIBILE SOLUZIONE
EVITARE L’USO DI POLIMERI DIFFICILMENTE RICICLABILI; minimizzare l’uso del colore, privilegiando il polimero non pigmentato, evitare la stampa diretta. Progettare imballaggi in cui sia facilitata la separazione dei materiali.
2. CORRETTA RACCOLTA DIFFERENZIATA DEGLI UTENTI
Una ricerca OnePoll per DS Smith evidenzia che due terzi (65,5%) dei consumatori getta un rifiuto nell’indifferenziato quando non è sicuro del contenitore corretto, adottando un atteggiamento di estrema prudenza.

La motivazione di questo comportamento è l’assenza di informazioni chiare in etichetta (45%), la presenza di imballaggi composti da più materiali (poliaccoppiati, 33%) e la contaminazione con altri tipi di rifiuti (23%).
A volte le diverse componenti sono difficili da separare manualmente.
POSSIBILE SOLUZIONE
COMUNICARE IN MODO CHIARO AI CONSUMATORI COME SMALTIRE GLI IMBALLAGGI; facilitare lo svuotamento dai residui di contenuto - comunicare all’utente di svuotare completamente l'imballaggio e, se possibile, di ridurne il volume prima di conferirlo in raccolta
3. CONVENIENZA ECONOMICA DELLE ATTIVITÀ DI RICICLO
Il processo di riciclo è ancora troppo costoso, e costa meno produrre plastica da zero che riciclarla.

E' molto meno costoso produrre la maggior parte dei tipi di plastica da zero piuttosto che riciclare la vecchia plastica in qualcosa di nuovo.
POSSIBILE SOLUZIONE
INCENTIVARE ECONOMICAMENTE I PRODUTTORI AD UTILIZZARE LA PLASTICA RICICLATA
4. CONVENIENZA AMBIENTALE DELLE ATTIVITÀ DI RICICLO
Il processo di riciclo stesso è dannoso per l'ambiente (poiché genera microplastiche) e per la salute dei lavoratori (che vengono esposti a sostanze chimiche tossiche).
Non possiamo quindi contare sul riciclaggio come soluzione al problema dell'inquinamento della plastica. Dovremmo riciclare meglio e dipendere meno da esso.
“Davanti agli scaffali, il consumatore “legge” le confezioni con gli occhiali della riciclabilità: carta e cartone risultano avvantaggiati, perché la percezione del materiale come riciclabile in modo semplice e sicuro si è ormai sedimentata da anni.
Emergono la propensione diffusa alla raccolta differenziata e il giudizio positivo sui contenitori in carta e cartone come più semplici da gestire nella raccolta differenziata rispetto a contenitori in altri materiali”
Comieco, dati Osservatorio Waste Watcher
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